create your own banner at mybannermaker.com!

Create your own banner at mybannermaker.com!

giovedì 15 novembre 2007

P3 - Paese - Politica - Poker

Essere un politico, un politicante, o similare, è la stessa cosa che essere un giocatore d'azzardo, specificamente di poker; occorre infatti una mente organizzata. Ecco perché non potrò mai essere un politico, o un giocatore, tanto meno di poker, credibile. La mia mente è poliedrica, questo sì, ma assolutamente refrattaria a qualsiasi tipo di "organizzazione". Non mi candiderei mai per un qualsiasi cimento elettorale, per il semplicissimo motivo che non sarei, e non potrei mai essere, consequenziale e schematico nel propormi.
Rimanere impassibili durante un bluff, è certo un'arte, e deriva da adeguata organizzazione mentale di architettura, quasi ingegneristica, che sorregge l'impassibilità in condizioni sottostanti di tensione. Riconosco: non è roba per me.
La similitudine di cui sopra regge: basta guardare l'hidalgo Mastella da Ceppaloni, come è sereno, tranquillo nelle inquadrature, nelle interviste, sorridente, sguardo disteso (nonostante sia dotato di una vis mimica stupefacente, parti del volto, delle mani, delle spalle, sono staccate e semoventi), quasi non fosse tempestato, sommerso, soffocato da frane, valanghe, diluvi di attribuzioni ed epiteti da far arrossire un incallito frequentatore di bettole malfamate, in varie sedi, reali, virtuali, mediatiche, di pubblica frequentazione in Italia e all'Estero, e si accingesse ad offrirsi al riconoscente plauso e all'ammirazione delle folle. Lui sì è un vero artista.
E il Paese? Che dire? Forse se lo merita.
Ma lasciamo stare facili e, forse, ingenerose battute. Piuttosto... come è che si va avanti in questo Paese, dove per far funzionare le cose, una volta si chiamava Striscia la notizia, oggi non si chiama più nessuno, perché non si crede neanche più che le cose possano funzionare? Dove, pur di non far girare a vuoto la macchina della giustizia, se c'è un delitto, di fronte al quale, non si sa che pesci pigliare, si arrestano gli amici della vittima, per un altro delitto, così, almeno, il conto è pareggiato? Un Paese escluso da importanti gare internazionali d'appalto, per troppa burocrazia (ma c'è dell'altro non detto, è ovvio), e sfiducia nella sua legislazione; dove i medesimi tafferugli di piazza, a Roma sono attacchi eversivi ai Poteri dello Stato, a Milano eccessi goliardici in proteste studentesche; dove i potenti Reparti Speciali della Polizia Scientifica si distinguono soprattutto per le loro invidiabili tute bianche.
Questa è l'Italia! Come meravigliarsi, poi, della presenza massiccia degli speculatori, notoriamente privi di scrupoli, evidenziata, tra l'altro, dall'anomalo numero di contrattazioni in Borsa e dalla circostanza che, in genere, quando gli indici di altre Borse crescono di molto, quelli della nostra crescono di poco, e se di poco per le altre, noi perdiamo? Conseguentemente, come meravigliarsi che non ce la si fa più a comprare pane e pasta (!) e a pagare i mutui fondiari?
Eppure si continua ad andare avanti in questo tormentato Paese.
E' forse questa la sua FORZA e la sua DANNAZIONE.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

O.K.

Anonimo ha detto...

L'Italia è l'unico Paese che io conosco dove, dopo le elezioni metà del Paese di ferma.
Qui non è questione di sistema maggioritario o proporzionale. Negli altri Paesi tutti remano nello stesso senso perché la barca vada bene. Chi governa, stando a sentire anche l'opposizione, chi è all'opposizione, seguendo criticamente il percorso e proponendosi, alla fine di esso, come alternativa di miglioramento.
In Italia, invece, chiunque vinca, gli avversari cominciano a chiedere, fin dal primo giorno, nuove elezioni (in genere denunciano anche brogli e, comunque, non ammettono di aver perso). Poi cominciano a remare contro. E il Paese va avanti solo con metà delle proprie risorse, tra l'altro, boicottate dall'altra metà.
In tal modo possiamo continuare ad andare avanti? E dove vanno a finire la nostra economia, la nostra cultura, la nostra organizzazione sociale, la scuola, i giovani, il futuro?