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giovedì 6 settembre 2007

QUELLO CHE...

...GLI AVVOCATI DOVREBBERO SAPERE

E’ veramente molto difficile dire qualcosa qui, dovendosi considerare il rebus sic stantibus, lasciar perdere politiche di evoluzione della professione, rivendicazioni e quant’altro, altrimenti si invadono ambiti estranei, nonché moralismi vari sulle scelte e sui rapporti con i clienti, situazioni sulle quali ognuno ha le sue idee, e, ancora una volta, situazioni patologiche di illiceità sotto profili vari (responsabilità disciplinare, civile, penale).
Detto questo, la difficoltà deriva dal fatto che la professione di avvocato è, ed è sempre stata, comunque, un’attività d’impresa, per così dire. Poco importa che, oggi, da, prevalentemente, piccola va trasformandosi in, prevalentemente, media o grande, l’impronta naturale è d’impresa; l’avvocato quindi è caratterizzato da un forte individualismo (così come nella magistratura c’è un forte corporativismo; questi sono dati obiettivi e difficilmente confutabili. Altro discorso è che l’avvocato non dovrebbe spingere il suo individualismo fino all’oltraggiosità e al dispregio, così come il corporativismo dei magistrati non dovrebbe spingersi fino a creare un apartheid nei confronti di chi non appartiene alla categoria, e, in particolare, gli avvocati e fino a difendere i propri membri, indipendentemente da ogni considerazione che li riguardi, finché sono difendibili davanti all’opinione pubblica e non davanti alla seria e serena valutazione di coscienza) questo ovviamente costituisce il punto centrale di difficilizzazione del percorso.
Con le precisazioni fatte, che cosa si può dire ad un avvocato?
LE COSE ANDREBBERO MEGLIO SE SI DESSE VALORE A QUANTO SEGUE:

Privilegiare la dialettica, il gusto della dialettica;
evitare
scontri e polemiche anche con i giudici
la ruberia di clientela
la pubblicità sleale, ricorrendo a svaccato sfruttamento di conoscenze ed entrature e smodato ricorso a ricatti e ricattucci vari
l’impudenza di apparire continuamente in tv (v. quel cretino che si vede sempre);
curare
la professionalità, il gusto di essa prima del guadagno (v. il contrario atteggiamento dell’azzeccagarbugli)
il rispetto delle regole, sfatare il mito-realtà della frode processuale a tutti i costi
la dignità riposta nel meritarsi il rispetto, non darlo per scontato;
non umiliare i giovani, insegnare senza boria, lasciare spazio ai giovani.


...GLI UTENTI DELLA GIUSTIZIA DOVREBBERO SAPERE

Tener conto delle difficoltà degli altri, in particolare degli avvocati.
Attenzione ai tempi.
Non pretendere di aver ragione a tutti i costi (v. caso Cogne – i genitori dei bambini pseduopedofilizzati ecc. ecc.).
Non mollare subito al primo cenno di cedimento (anche un buon avvocato può avere un momento di defaillance).
Non lasciarsi allettare dal protagonismo a cui invitano i mass media.
LE COSE ANDREBBERO MEGLIO SE CI SI ATTENESSE A QUANTO SOPRA

... I GIUDICI DOVREBBERO SAPERE

Ho fatto parte della Magistratura ed attualmente faccio parte dell’Avvocatura; mi trovo, quindi, nelle condizioni di poter considerare il punto di vista dei Magistrati e quello degli Avvocati, abbastanza diversi tra di loro; in particolare gli Avvocati vedono molte cose che i Giudici non vedono, questi ultimi, a loro volta vedono le cose in un’ottica che sfugge ai primi.
Ci sono, ovviamente, tanti altri modi di considerare le cose (v. QUELLO CHE I GIORNALISTI DI CRONACA GIUDIZIARIA DOVREBBERO SAPERE, QUELLO CHE GLI UTENTI DELLA GIUSTIZIA DOVREBBERO SAPERE, collaboratori, forze dell'Ordine e così via).
Va sfrondato il campo da lagnanze di carattere generale a sfondo politico, aspettative su innovazioni legislative, critiche sull’attuale sistema giudiziario,così come di campanilismi, faziosità, e rilievi sulla patologia dell’esercizio delle varie funzioni o professioni, in definitiva su tutto ciò che vi sia da dire di carattere generale ed ideologico, da una parte, così come, all’estremo opposto, di malcostume, bassa lega o addirittura criminoso.
In pratica qui si vuol parlare di buon senso, di controllo degli eccessi, di calma, serenità e così via; cioè di quello che farebbe star meglio tutti in un Palazzo di Giustizia, un giorno qualunque, allo stato attuale delle cose.
Nulla di eccelso o di infimo, ma nulla da sottovalutare.
Ridotta in pillole, la storia è: i giudici dovrebbero sapere che le cose andrebbero meglio se:

1- ci fosse meno spocchia e arroganza, livore a volte, e più disponibilità al dialogo, alla riflessione e assenza di pregiudizi nel prendere in esame una questione;
2- ci fosse più consapevolezza di svolgere una delicata funzione nell’interesse della Comunità, tra l’altro ben pagata, e non esercitare un potere tale da incutere timore agli altri e gratificare soprattutto la propria vanità, smania di sopraffazione, arrivismo, protagonismo, e così via;
3- ci fosse più disponibilità ed apertura nel prendere in considerazione le vicende riguardanti i piccoli cittadini, gli umili, la massa intrecciata e dolente delle istanze di Giustizia di base, e non una chiusura ai limiti dell’ottusità, per dedicarsi quasi esclusivamente ai casi che permettono di affermarsi, fare carriera, apparire pubblicamente, darsi alla politica e così via;
4- ci fosse presa di coscienza che lavorare fa bene, troppe ferie stancano, acuiscono il distacco dalla Società alla quale si appartiene; e lavorare significa svolgere la funzione giudiziaria, non andare in TV, muoversi tra le correnti dell’Associazione Magistrati per andare al CSM o avere incarichi speciali, o semplicemente avere promozioni senza meriti;
5- ci fosse risposta agli errori che si commettono, alcuni dei quali peraltro scusabili, e non si concludesse sempre a tarallucci e vino di fronte alle responsabilità disciplinari e civili, lasciando perdere quelle penali, pretendendo quasi di dimostrare che i magistrati non sbagliano mai (quelli che sbagliano sono gli emarginati che non fanno storia, ma vengono strumentalizzati per stabilire il principio che qualcuno pur risponde).

...I GIORNALISTI (soprattutto DI CRONACA GIUDIZIARIA) DOVREBBERO SAPERE

PER FAR SI' CHE LE COSE VADANO MEGLIO:
Non fare gli avvoltoi
Saper cercare le notizie, approfondirle, apprezzare chi corre rischi per questo
Saper commentare le notizie, senza secondi fini
Non fare scoop al solo scopo di suggestionare il pubblico.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Ignoranza, strafottenza, pigrizia, smania di protagonismo sono i mali da aborrire per un magistrato, per non parlare della deresponsabilizzazione. Invece l'attenzione, lo spirito dialettico, la passione e dedizione per il proprio lavoro, la lontananza da ogni condizionamento e timore, sono virtù fondamentali e un magistrato dovrebbe farne tesoro, così come l'onestà intellettuale e la consapevolezza della delicatezza del proprio compito

Anonimo ha detto...

Troppo spesso c'è una personale avversione o simpatia nelle decisioni dei giudici, giudizi legati alla fama, al nome di chi è soggetto a giudizio, o semplicemente un irrazionale intento educativo che non ha nulla a che fare con l'amministrazione della giustizia.

Anonimo ha detto...

A volte i giudici si innamorano della propria tesi e barano al gioco per un fine ritenuto benefico; e qui si colloca l'annosa diatriba: il giudice deve valutare secondo le risultanze, spogliandosi delle proprie personali opinioni, oppure anche queste valgono a formare il suo convincimento? E con che rapporto tra le stesse?
Tema difficile perché,poi, non si ha idea di quante volte le considerazioni personali (che proficuamente sorreggerebbero la c.d. giustizia sostanziale, quella proprio alla quale aspira il comune cittadino) sono sbagliate; le regole quindi sono un toccasana che tendenzialmente impedisce il loro affermarsi.
Le regole quindi sono sacrosante e vanno applicate al di là del personale parere, utile solo se, nelle regole correttamente inserito.

Anonimo ha detto...

le cose andrebbero meglio se ci fosse nei giudici (e per fortuna spesso c'è) voglia di trovare forti motivazioni nella propria professionalità, piuttosto che lasciarsi andare alla dimenticanza, all'assenteismo e alla frustrazione.

Anonimo ha detto...

Non ci sono mai stati tanti errori giudiziari (riconosciuti come tali) e reati prescritti nei palazzi di giustizia italiani, come da quando è entrato in vigore il Nuovo Codice di Procedura Penale, quello nato all'insegna di una Giustizia rapida ed efficiente, mai più "casi Tortora" e così via. Allora è il codice che non funziona, o siamo noi che non siamo capaci di farlo funzionare, ma neanche di cambiarlo?