A quanto pare in questo Paese si è proprio persa la bussola del senso comune nei rapporti sociali (il minimo al di sotto del quale non si dovrebbe mai scendere).
Allora? Bisogna ricominciare da quando si insegna ai bambini che non si mangia a mani nude ma con le posate?
L'uomo pubblico, che, di qualunque partito sia, ha, certo, il DOVERE di salvaguardare e promuovere il futuro della vita della comunità e fare del suo meglio di fronte ai problemi imposti da situazioni critiche endemiche o improvvise, internazionali o interne, con attività (ancorché non condivise da alcune o più parti) poste in essere in buona fede, secondo canoni ritenuti accettabili in quanto frutto di studi, riflessioni, approfondimenti, confronti e quant'altro, ha d'altronde il DIRITTO di trarre, dalla sua posizione, i personali vantaggi consentiti o tollerati da leggi, regolamenti, usi non contrastanti col comune sentire, senza travalicare i limiti di buon senso, correttezza, decenza ecc.
Il cittadino ha il DIRITTO di criticare, valutare negativamente, protestare anche in modo aspro e deciso con riferimento a ciò che accade sotto i suoi occhi, secondo la sua libera interpretazione, ricredersi, motivare i suoi giudizi (se vuole), e così via, senza alcun limite se non quello di recedere di fronte ad eccessi intollerabili dalla sua coscienza e intelligenza, prima che dall'ordinamento, dal corpo sociale e dal contesto generale. Nondimeno ha il DOVERE di attenersi a criteri di civiltà, rispetto dell'altrui incolumità e diversità di opinione, degli altrui sacrifici, nella vita individuale, familiare, lavorativa, sociale.
Se tutto questo è il minimo (lasciamo stare tematiche come i rapporti con il Fisco, l'onestà intellettuale sul lavoro e sulle contrattazioni ecc. che già ci spostano verso livelli di maturazione concettuale della civiltà più alti), che cosa bisogna concludere?
Che effettivamente in Italia siamo (ben) al di sotto del minimo, ahi noi!
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